AI 22-23 / FAIRY KITSCH

“Quando parla il cuore non sta bene che la ragione trovi da obiettare. Nel regno del Kitsch impera la dittatura del cuore”
M. Kundera, “L’insostenibile leggerezza dell’essere”

Scarto, pasticcio, accozzaglia.
Associamo la parola Kitsch al cattivo gusto, ad una scarsa raffinatezza, all’eccesso. Ma chi definisce oggi se davvero un oggetto sia bello o brutto? Raffinato o pacchiano? Se rispetti o meno i canoni di eleganza e adeguatezza? Il kitsch per noi è desiderio di libertà, di creatività esplosiva e accostamenti arditi tra materiali, forme, fantasie e accessori. È la possibilità di far coesistere in un unico luogo e momento tutto ciò che ci piace, tutto ciò che raccogliamo, avanziamo e ricerchiamo e che rende ogni pezzo veramente unico. Le stampe indiane si accostano così alle grisaglie d’archivio, gli shibori alla maglieria di lusso e le stampe d’epoca ai check più tradizionali in un susseguirsi di capi e accessori mai banali in un atmosfera dal sapore fiabesco.

Il kitsch per noi è democratico, è il desiderio di contrapporsi all’ordine e al rigore e di dare voce, con un pizzico di autoironia, alla nostra vera natura caotica ma densa di vita e di passione.

Modella: Delia Stango
Fotografie: Paolo Saglia